SPM turns 70

SPM turns 70

SPM turns 70 2560 2048 SPM

Durante la festa dei 70 anni della Spm spa, azienda metalmeccanica di Brissago Valtravaglia che dà lavoro a oltre 350 persone, la parola che è risuonata più volte è stata: “famiglia”. A pronunciarla nelle loro testimonianze sono stati soprattutto i lavoratori. Un dettaglio che ha un grande significato perché le parole che usiamo sono quelle che formano il nostro paesaggio interiore. Come non è trascurabile il fatto che tra le maestranze premiate ci fossero due lavoratori «dalle mani d’oro», uno di 78 anni, Luigi Aresi, e l’altro di 71 anni, Salvatore Genuardi,  accolti da un’ovazione e considerati ancora dei capisaldi dell’azienda. Proprio come accadeva nelle famiglie di un tempo, dove i “vecchi” avevano un ruolo fondamentale nel tramandare il sapere e tenere coeso il gruppo parentale. Per un’azienda diremmo: “il team”. (nella foto da sinistra: Giovanni Berutti con i figli Beatrice e Stefano)

IL CAPITALISMO FAMILIARE VINCENTE

Nel suo discorso, il presidente Giovanni Berutti, seconda generazione in azienda, lo ha sottolineato con un esempio calcistico: «Il Paris Saint Germain è pieno di fuoriclasse, ma non vince perché non è una squadra».
La Spm è la rappresentazione perfetta di quel capitalismo familiare che ha permesso all’Italia di uscire dalle secche della povertà del secondo dopoguerra e di diventare una delle principali potenze industriali al mondo. Sono stati imprenditori come Giampiero Berutti e la moglie Mirella a rimettere in piedi un Paese in macerie e a portare il Made in Italy in cima ai desideri dei mercati internazionali.

da sinistra: Luigi Aresi e Salvatore Genuardi una vita di lavoro in Spm

DIVENTARE SOCIETÀ BENEFIT

Giovanni Berutti è ben consapevole del ruolo che ha la sua azienda sul territorio, che non è solo economico e produttivo, cioè finalizzato al profitto, che pure è importante. L’azienda è una comunità di persone che interagisce con il mondo esterno e pertanto è tenuta ad ascoltare tutti i portatori di interesse, non solo gli azionisti, a qualsiasi livello. Il presidente della Spm è così consapevole del ruolo sociale dell’impresa che, insieme ai due figli, la terza generazione, ha deciso di passare a società benefit. Una scelta che obbliga la manifattura di Brissago a integrare il suo statuto e il relativo oggetto sociale con uno scopo ulteriore dichiarato e sottoscritto davanti a un notaio: avere un impatto positivo sulla società e sull’ambiente. Cosa che già avviene nei fatti, ma che una volta formalizzata proietta la Spm verso un paradigma più evoluto e ben gradito ai numerosi clienti internazionali, in particolare a quelli dei settori automotive, sport e fashion. Parliamo, nel primo caso, di colossi del calibro di Bmw, Ferrari, Lamborghini e Abarth, solo per citarne alcuni. Nel secondo caso, di tutte quelle manifestazioni sportive di qualsiasi livello, sia amatoriale che olimpico e mondiale, che necessitano di materiali per la sicurezza, come  l’automobilismo, il cilismo e lo sci.
A proposito di sci alpino, fu proprio Giampiero Berutti a brevettare il paletto snodabile in plastica, utilizzato ancora oggi. E lo fece per amore di suo figlio Giovanni, che dopo una gara di slalom era tornato a casa con una ferita a una gamba causata dalla scheggia di un paletto rigido in legno. Fu un’autentica rivoluzione marcata Spm.

BUROCRAZIA CANAGLIA

Non sono tutte rose e fiori per la famiglia Berutti. Nel suo discorso, il presidente ha sottolineato alla presenza degli amministratori pubblici interessati, tra cui il sindaco di Brissago Valtravaglia, Maurizio Badiali, e il presidente della Provincia di Varese, Marco Magrini, la perenne lotta con la burocrazia canaglia che crea un contesto poco favorevole all’impresa. «Non è accetabile che per un’azienda che crea in due anni oltre cento posti di lavoro – ha detto Berutti – non si riesca a trovare una soluzione rapida per garantire a tutti di parcheggiare in prossimità dell’azienda. Non è possibile che ci vogliano anni per una variante edilizia».
Che i tempi della burocrazia italiana non siano compatibili con i tempi delle aziende, è ormai una verità assodata. Ma tutto assume il sapore della beffa quando è la mancanza di buon senso a orientare le decisioni della pubblica amministrazione. La Spm, come tante altre aziende di medie dimensioni, ha un welfare aziendale molto avanzato, questo spiega la forte fidelizzazione dei lavoratori, nonostante la vicinanza con il confine svizzero che attrae moltissimi lavoratori italiani. Tra i servizi offerti c’è anche un micronido aziendale aperto sia ai figli di chi lavora in Spm che agli esterni. Ebbene, questa struttura, che quest’anno ha ospitato diciannove bambini da zero a tre anni, rischia di chiudere a breve. «Secondo i parametri dell’Ats – ha detto l’imprenditore – sono richiesti 7,5 metri quadri a bambino. Poiché mancano alla superficie totale dell’edificio che li ospita qualche centimetro quadrato a bambino, non possiamo ospitare il numero di bambini previsto, che è il numero minimo necessario per consentire di gestire i conti».

Un momento della festa a Ville Ponti di Varese

CONFINDUSTRIA VARESE INTERVERRÀ

La burocrazia ha dunque deciso che con tutta l’acqua butterà via anche il bambino. Una cosa frustrante, a maggior ragione in un Paese dove la denatalità e il calo demografico sono il vero problema da affrontare. «È assurdo sentire queste cose – ha commentato a caldo Roberto Grassi, presidente di Confindustria Varese – come associazione daremo sicuramente una mano per trovare una soluzione al caso. L’attaccamento a tutto il territorio di questa azienda è un dato di fatto, così come l’impegno a creare valore con l’istituzione del nuovo percorso scolastico nel Luinese con la scuola di meccatronica. La Spm è un esempio di azienda di valore».

LA TERZA GENERAZIONE STA GIÀ COSTRUENDO

La stirpe Berutti sembra però molto solida. I due figli di Giovanni, Beatrice e Stefano, rispettivamente laureati in economia e in ingegneria gestionale, hanno deciso di entrare in azienda dopo aver fatto esperienza pe quasi dieci anni fuori dalla fabbrica di famiglia. «Non era per niente scontato – ha concluso il padre dei due giovani imprenditori – ma hanno fatto un buon colloquio e si sono convinti che l’azienda poteva fare per loro. Hanno scelto di fare gli imprenditori. Una scelta non certo facile e tantomeno comoda che di sicuro riserverà loro tanti mal di pancia ma anche tante soddisfazioni, come le ha riservate a me».

 

fonte: Varesenews