SPM

Un traguardo che unisce innovazione e tradizione, con un forte legame al territorio

Un traguardo che unisce innovazione e tradizione, con un forte legame al territorio 700 430 SPM

Nel 2024, l’azienda SPM di Brissago Valtravaglia ha celebrato un traguardo prestigioso: settant’anni di attività al fianco di clienti e partner internazionali, distinguendosi nel settore della produzione meccanica. Fondata nel 1954 da Giampiero e Mirella Berutti, SPM è nata come una piccola impresa familiare e, anno dopo anno, è cresciuta fino a diventare un’azienda strutturata e all’avanguardia, che oggi conta 350 dipendenti e porta l’eccellenza del made in Italy anche all’estero.

Alla guida dell’azienda troviamo Giovanni Berutti, figlio dei fondatori, e i suoi figli Stefano, Head of Business Development del settore Automotive, e Beatrice, Head of Business Development per i settori Sport e Fashion, che rappresentano la terza generazione della famiglia.

Il segreto di questa longevità risiede non solo nelle competenze tecniche ma anche nei valori umani e nella capacità di adattarsi ai cambiamenti del mercato, senza mai perdere il contatto con il territorio d’origine.

Questa transizione generazionale ha portato nuove idee e strategie innovative, ma sempre in continuità con i principi che hanno reso SPM una realtà solida e rispettata. Stefano e Beatrice hanno entrambi esperienze internazionali che li hanno arricchiti, e rientrati in azienda hanno portato un approccio moderno, puntando su digitalizzazione, sostenibilità, legame al territorio e una visione sempre più globale. Ecco l’intervista a Giovanni, Stefano e Beatrice Berutti.

Giovanni, partirei dagli albori: cosa ti ha raccontato tuo padre Giampiero dei primi anni della SPM e cosa ricordi di quell’epoca?

Giovanni Berutti: «La nascita di SPM è una storia di passione e sacrificio. Mio padre iniziò con pochi macchinari, molta inventiva e tantissima dedizione. Insieme a mia madre Mirella, che lo affiancava nella gestione e nell’amministrazione, riuscì a creare una realtà solida in un piccolo paese di provincia come Germignaga. Ricordo che fin da bambino mio padre mi coinvolgeva in ogni dettaglio della produzione: mi spiegava le tecniche, i processi, e ho potuto imparare da lui il valore del lavoro. Gli inizi erano pionieristici, si faceva tutto in maniera artigianale, ma con grande cura».

Quando hai preso in mano l’azienda, quali sono stati i primi cambiamenti che hai introdotto?

Giovanni Berutti: «Quando è toccato a me guidare SPM, il settore della lavorazione meccanica era già in trasformazione. Ho puntato sull’innovazione tecnologica per poter competere e diversificare le nostre linee produttive. Ho introdotto i primi sistemi CAD per il design tridimensionale negli anni ‘80 e successivamente ci siamo concentrati su soluzioni di automazione che ci permettessero di rispondere più velocemente alle esigenze dei clienti. Questo ci ha aiutato a crescere e a strutturare l’azienda, trasformandola da una piccola impresa familiare a una realtà solida e ben strutturata».

Stefano, il tuo ingresso in azienda è avvenuto dopo un periodo di lavoro nella consulenza. Com’è stato il passaggio a SPM?

Stefano Berutti: «La consulenza e l’industria manifatturiera sono due mondi completamente diversi, e adattarmi non è stato semplice. In consulenza ero abituato a progetti veloci e dinamici, mentre in azienda i tempi sono più lunghi, tutto è pianificato e richiede una visione a lungo termine. Con il lockdown, abbiamo dovuto digitalizzare molti processi: introduzione di tablet in produzione, uso di piattaforme come Google Suite e riunioni virtuali hanno migliorato l’efficienza. Questo processo ci ha permesso di accelerare un cambiamento che altrimenti sarebbe stato più lento».

Beatrice, anche tu hai lavorato all’estero prima di rientrare. Come vedi oggi SPM con la tua esperienza internazionale?

Beatrice Berutti: «Rientrare dopo anni trascorsi all’estero è un’esperienza che mi ha insegnato tantissimo. Ho potuto osservare SPM con occhi nuovi, notando quanto si fosse evoluta. Vedere come l’azienda si è adattata ai mercati internazionali, come quello tedesco, mi ha reso orgogliosa. Grazie all’esperienza acquisita, so quanto sia importante portare nuove idee e stimoli dall’estero. È stata una scelta consapevole e appagante tornare e poter contribuire alla crescita dell’azienda».

Giovanni, quali sono i valori che pensi abbiano permesso a SPM di sopravvivere e crescere per 70 anni?

Giovanni Berutti: «Credo che il nostro successo si basi sulla coerenza e sulla capacità di adattamento. La nostra azienda si è sempre evoluta, senza mai tradire i principi di qualità e serietà che hanno definito il lavoro di mio padre. Abbiamo sempre voluto restare radicati nel territorio, coinvolgendo generazioni di famiglie, e questo legame è diventato un valore aggiunto. Al contempo, è stata fondamentale la capacità di accogliere i cambiamenti e di fare scelte innovative anche quando sembravano rischiose».

Quali sono state le sfide principali del passaggio dall’azienda familiare a una realtà più strutturata?

Giovanni Berutti: «Direi che il cambiamento maggiore è stato gestire l’organizzazione interna. Non si può pensare che una persona possa controllare ogni aspetto, soprattutto con 350 dipendenti. Serve una struttura che possa garantire qualità, innovazione e continuità, grazie a un team di collaboratori preparati e capaci di lavorare in sinergia. Questo ha comportato la creazione di team specializzati e una riorganizzazione interna importante».

Stefano, in quali settori state lavorando per sviluppare prodotti e soluzioni sostenibili nell’automotive?

Stefano Berutti: «In vari ambiti, ma l’obiettivo principale è ridurre l’impatto ambientale in tutti i settori. Per l’automotive, stiamo studiando materiali ecocompatibili che possano sostituire quelli tradizionali».

Beatrice, e per il settore sportivo e fashion?

Beatrice Berutti: «Nel settore sportivo, dove operiamo in particolare nelle aree alpine, ci confrontiamo con i cambiamenti climatici: il calo delle nevicate ci porta a ripensare soluzioni innovative per attrezzature più efficienti ed ecologiche. Infine, anche nel fashion puntiamo a linee di prodotti sostenibili, con meno plastica e materiali riciclati».

Stefano, com’è cambiato il rapporto con i mercati, soprattutto per l’Automotive, rispetto al passato?

Stefano Berutti: «Negli anni ’50 e ’60 il mercato era principalmente italiano. Poi, circa dieci anni fa, abbiamo deciso di rivolgerci al mercato tedesco, che per noi è stata una svolta: i volumi di vendita si sono moltiplicati e, oltre a espandere le competenze tecniche, abbiamo dovuto conquistare la fiducia di clienti molto esigenti. E non è stato facile: convincere le aziende tedesche che qui in Italia potevamo garantire qualità e affidabilità ha richiesto tempo, ma oggi possiamo dire di esserci riusciti. Abbiamo scalato la nostra “Champions League” e il mercato tedesco è diventato trainante».

Giovanni, siete da sempre molto legati al territorio. Quali iniziative avete promosso a sostegno della comunità?

Giovanni Berutti: «Il nostro legame con il territorio è un punto fermo. Abbiamo investito in progetti di formazione per rispondere alla carenza di figure specializzate nella zona, con corsi di automazione e robotica. Inoltre, abbiamo aperto un micronido aziendale fruibile anche dai bambini del territorio, offrendo un servizio che facilita la vita ai nostri dipendenti e alle famiglie locali. Credo che queste iniziative siano una responsabilità per un’azienda radicata come la nostra».

Giovanni, parlando di tecnologia, quali innovazioni sono state fondamentali per mantenere l’azienda competitiva?

Giovanni Berutti: “La tecnologia è sempre stata un pilastro per noi. A partire dagli anni ’80, abbiamo introdotto il CAD per il design tridimensionale, una novità per l’epoca. Negli ultimi dieci anni, la robotica e l’automazione sono diventate centrali: abbiamo un team di 14 persone dedicato a questo settore, con l’obiettivo di rispondere rapidamente alle richieste del mercato. Credo che la continua innovazione ci permetta di rimanere competitivi e di affrontare le sfide del futuro.”

Stefano, come descriveresti la visione di SPM per i prossimi dieci anni?

Stefano Berutti: «Vedo SPM come un’azienda sempre più internazionale e digitalizzata. Stiamo lavorando per diventare un punto di riferimento nel nostro settore, con un’attenzione alla sostenibilità che ci differenzia. Nei prossimi anni, oltre a consolidare i mercati esteri, vogliamo espandere la nostra linea di prodotti green e mantenere un legame saldo con il territorio. Il nostro obiettivo è crescere ma senza perdere i valori che ci hanno portato fino a qui».

Stefano e Beatrice, dopo 70 anni, come pensa te che l’azienda debba continuare a mantenere alta la qualità?

«La qualità non è mai data per scontata, si costruisce ogni giorno. Per noi significa seguire con attenzione ogni processo produttivo, formare il personale e monitorare i dettagli. Anche se abbiamo ampliato le nostre linee e i mercati, restiamo concentrati su ogni singolo prodotto. Avere una struttura solida e un team preparato è fondamentale, ma il contatto diretto con il lavoro e con le persone fa la differenza. Questa è la strada per continuare a garantire eccellenza».

Fonte: Luino Notizie

“La sostenibilità è un processo inevitabile”

“La sostenibilità è un processo inevitabile” 2560 1707 SPM

Intervista a Beatrice Berutti, Head of Business Development per i settori Sport e Fashion di SPM, che ci racconta qualche dettaglio sul processo che ha portato l’azienda di famiglia a diventare Società Benefit, con il supporto di Askesis.

Beatrice, ci racconti di SPM spa e di come l’azienda ha iniziato a considerare la sostenibilità una leva importante di posizionamento?

SPM è un’azienda del Varesotto che ha compiuto quest’anno 70 anni di attività. E’ stata fondata da mio nonno e gestita successivamente da mio papà; da qualche anno siamo entrati in azienda io e mio fratello.

Abbiamo tre divisioni: la più grande è la divisione Automotive, specializzata in emblemi per le case automobilistiche; poi c’è la divisione Sport che nel 1978 ha lanciato sul mercato i primi pali da slalom snodati: produciamo attrezzatura per l’allestimento e la sicurezza delle piste, non ci rivolgiamo solo al mondo dello sci alpino ma anche agli altri sport invernali oltre a quelli estivi come Moto GP, Superbike e ciclismo; infine c’è la divisione Marcaggio, composta di tre divisioni minori: sigilli di sicurezza, accessori per il tessile, e targhette portanomi.

La nostra azienda è situata vicino al confine con la Svizzera e oggi conta circa 350 dipendenti. Fin dalla sua fondazione, e quindi dai tempi di nonno Giampiero, il legame con il territorio, e di conseguenza con le persone che lo abitano, è sempre stato un principio cardine, testimoniato anche dal supporto di svariate attività proprio a sostegno di persone e ambiente.

Quindi il passaggio a Società Benefit è stato il coronamento, o la formalizzazione, di azioni che già compivamo e che ora vogliamo strutturare in modo più approfondito.

La naturale continuazione di un percorso iniziato tempo fa che ha sempre avuto come punto fisso la sostenibilità: da più di dieci anni infatti abbiamo installato un impianto fotovoltaico che lo scorso anno è stato ampliato, consentendoci di raggiungere una produzione di circa 500 kw nelle giornate di sole; abbiamo fatto un investimento per l’utilizzo di energia rinnovabile che nel 2023 è stata il 100% del nostro fabbisogno; riutilizziamo sempre di più i materiali (di produzione e di trasporto); ritiriamo e ricicliamo i pali e altri prodotti relativi al settore Sport; riusiamo i vassoi utilizzati nel settore automobilistico per il trasporto degli emblemi.

La sostenibilità non è solo un concetto legato all’ambiente ma anche, e soprattutto, alle persone che lavorano in azienda e vivono nel territorio. Siamo stati tra i primi a introdurre per i dipendenti un premio legato al risultato dell’azienda. Abbiamo aperto un asilo aziendale, che può essere sfruttato anche da chi abita nella zona; ogni anno istituiamo borse di studio rivolte ai figli dei nostri dipendenti che vengono raddoppiate se questi si iscrivono all’università. Abbiamo collaborato alla realizzazione di un corso IFTS di formazione in automazione e robotica e alcuni degli studenti oggi lavorano in azienda. Supportiamo inoltre Il giardino delle fate, un’associazione che aiuta i bambini autistici e l’associazione Freerider, che supporta i disabili con la passione per lo sci.

SPM è un modello di impresa familiare italiana, che ha a cuore in modo profondo la sostenibilità, con uno sguardo nel lungo termine. Cosa vuol dire essere testimonial di questo modo di fare impresa?

Io ho lavorato a lungo nel mondo delle multinazionali, dove il tema della sostenibilità è una buzzword imprescindibile. Non tutte le aziende, però, ci credono fino in fondo. Noi ci crediamo davvero, anche per coerenza. Cerchiamo di fare quello che possiamo, cercando di farlo bene. Stiamo iniziando a comunicare il nostro approccio e la nostra dimensione Benefit in vari modi, uscendo sulla stampa di zona e di settore.

Ma la nostra comunicazione è fare le attività, più che parlarne, portando benefici al territorio. Abbiamo notato che ancora in pochi conoscono il fenomeno delle Società Benefit, e occorre quindi spiegarlo bene, sia ai clienti e ai fornitori che ai dipendenti. Per questi ultimi abbiamo in programma una serie di attività, sia webinar che in presenza, per approfondire i diversi temi e contenuti che riguardano il passaggio Benefit.

Come è stato il processo, in collaborazione con Askesis, che vi ha condotto a diventare una Società Benefit?

Abbiamo iniziato con un primo assessment con un team di lavoro ristretto, che ci ha dato un’indicazione sullo stato dell’arte in azienda. Successivamente, ci siamo dedicati all’analisi di Scope 1 e Scope 2 [le emissioni aziendali dirette e indirette N.d.R.] e abbiamo diffuso un questionario rivolto ai collaboratori di SPM per comprendere la loro percezione sulle tematiche relative alla sostenibilità.

Abbiamo lavorato, sempre insieme ad Askesis, sugli SDGs (Sustainable Development Goals), gli obiettivi per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, sulla cui base abbiamo capito dove SPM poteva posizionarsi. Per spiegare all’interno dell’azienda e avvicinare i collaboratori al tema della Società Benefit abbiamo creato un gruppo di lavoro, composto da un team di dirigenti, ma anche dalle rappresentanze sindacali, da due collaboratori storici di SPM, che vivono i valori dell’azienda tutti i giorni, e una giovane capoturno, che rappresenta il futuro, insieme a me e mio fratello.

Un secondo gruppo, leggermente più ristretto e senza mio papà che è il Presidente di SPM, ha lavorato per definire valori e vision. Alla fine di questo processo, ci siamo resi conto che i valori emersi sono pienamente in continuità con quelli definiti e portati avanti da mio padre in passato. Alla Carta dei Valori abbiamo associato infine le Finalità di beneficio comune, prima del passaggio notarile e ufficiale, con il cambio di Statuto.

Possiamo dire che questo progetto ha riguardato anche, indirettamente, il tema del passaggio generazionale?

Sì, credo che abbia aiutato a mettere nero su bianco qual è la direzione di SPM nel futuro. Il motivo per cui abbiamo coinvolto quel gruppo di lavoro è che un passaggio di questo tipo non può essere “calato dall’alto”. Una Società Benefit funziona se le persone che lavorano all’interno dell’azienda ci credono veramente, altrimenti si tratta solo di parole su un foglio di carta.

L’analisi sui valori è stata fatta in modo introspettivo per questo motivo, per trovare valori comuni a tutti. Poi ci siamo dedicati naturalmente anche agli stakeholder esterni. Abbiamo steso un questionario rivolto a clienti e fornitori, alcuni dei quali lavorano con noi da molti anni e con i quali, in futuro, faremo un lavoro ancora più approfondito.

Che cosa può servire al mondo imprenditoriale italiano per dare maggiore forza alla responsabilità e alla sostenibilità d’impresa? Formazione? Preparazione culturale? Incentivi?

Secondo me serve una visione a lungo termine. Vuol dire darsi degli obiettivi, capire che ogni cosa che si fa deve essere fatta in modo sostenibile, quindi pensata sotto il profilo ambientale, sociale, di motivazione e formazione.

Dalla visione a lungo termine deriva tutto il resto. SPM ha appena compiuto 70 anni di attività e ci chiediamo dove vogliamo essere tra 70 anni, e come possiamo arrivarci.

Alcune parole che secondo te definiscono la sostenibilità oggi:

Responsabilità
Territorio
Inevitabile

 

 

Fonte: Askesis

SPM turns 70

SPM turns 70 2560 2048 SPM

Durante la festa dei 70 anni della Spm spa, azienda metalmeccanica di Brissago Valtravaglia che dà lavoro a oltre 350 persone, la parola che è risuonata più volte è stata: “famiglia”. A pronunciarla nelle loro testimonianze sono stati soprattutto i lavoratori. Un dettaglio che ha un grande significato perché le parole che usiamo sono quelle che formano il nostro paesaggio interiore. Come non è trascurabile il fatto che tra le maestranze premiate ci fossero due lavoratori «dalle mani d’oro», uno di 78 anni, Luigi Aresi, e l’altro di 71 anni, Salvatore Genuardi,  accolti da un’ovazione e considerati ancora dei capisaldi dell’azienda. Proprio come accadeva nelle famiglie di un tempo, dove i “vecchi” avevano un ruolo fondamentale nel tramandare il sapere e tenere coeso il gruppo parentale. Per un’azienda diremmo: “il team”. (nella foto da sinistra: Giovanni Berutti con i figli Beatrice e Stefano)

IL CAPITALISMO FAMILIARE VINCENTE

Nel suo discorso, il presidente Giovanni Berutti, seconda generazione in azienda, lo ha sottolineato con un esempio calcistico: «Il Paris Saint Germain è pieno di fuoriclasse, ma non vince perché non è una squadra».
La Spm è la rappresentazione perfetta di quel capitalismo familiare che ha permesso all’Italia di uscire dalle secche della povertà del secondo dopoguerra e di diventare una delle principali potenze industriali al mondo. Sono stati imprenditori come Giampiero Berutti e la moglie Mirella a rimettere in piedi un Paese in macerie e a portare il Made in Italy in cima ai desideri dei mercati internazionali.

da sinistra: Luigi Aresi e Salvatore Genuardi una vita di lavoro in Spm

DIVENTARE SOCIETÀ BENEFIT

Giovanni Berutti è ben consapevole del ruolo che ha la sua azienda sul territorio, che non è solo economico e produttivo, cioè finalizzato al profitto, che pure è importante. L’azienda è una comunità di persone che interagisce con il mondo esterno e pertanto è tenuta ad ascoltare tutti i portatori di interesse, non solo gli azionisti, a qualsiasi livello. Il presidente della Spm è così consapevole del ruolo sociale dell’impresa che, insieme ai due figli, la terza generazione, ha deciso di passare a società benefit. Una scelta che obbliga la manifattura di Brissago a integrare il suo statuto e il relativo oggetto sociale con uno scopo ulteriore dichiarato e sottoscritto davanti a un notaio: avere un impatto positivo sulla società e sull’ambiente. Cosa che già avviene nei fatti, ma che una volta formalizzata proietta la Spm verso un paradigma più evoluto e ben gradito ai numerosi clienti internazionali, in particolare a quelli dei settori automotive, sport e fashion. Parliamo, nel primo caso, di colossi del calibro di Bmw, Ferrari, Lamborghini e Abarth, solo per citarne alcuni. Nel secondo caso, di tutte quelle manifestazioni sportive di qualsiasi livello, sia amatoriale che olimpico e mondiale, che necessitano di materiali per la sicurezza, come  l’automobilismo, il cilismo e lo sci.
A proposito di sci alpino, fu proprio Giampiero Berutti a brevettare il paletto snodabile in plastica, utilizzato ancora oggi. E lo fece per amore di suo figlio Giovanni, che dopo una gara di slalom era tornato a casa con una ferita a una gamba causata dalla scheggia di un paletto rigido in legno. Fu un’autentica rivoluzione marcata Spm.

BUROCRAZIA CANAGLIA

Non sono tutte rose e fiori per la famiglia Berutti. Nel suo discorso, il presidente ha sottolineato alla presenza degli amministratori pubblici interessati, tra cui il sindaco di Brissago Valtravaglia, Maurizio Badiali, e il presidente della Provincia di Varese, Marco Magrini, la perenne lotta con la burocrazia canaglia che crea un contesto poco favorevole all’impresa. «Non è accetabile che per un’azienda che crea in due anni oltre cento posti di lavoro – ha detto Berutti – non si riesca a trovare una soluzione rapida per garantire a tutti di parcheggiare in prossimità dell’azienda. Non è possibile che ci vogliano anni per una variante edilizia».
Che i tempi della burocrazia italiana non siano compatibili con i tempi delle aziende, è ormai una verità assodata. Ma tutto assume il sapore della beffa quando è la mancanza di buon senso a orientare le decisioni della pubblica amministrazione. La Spm, come tante altre aziende di medie dimensioni, ha un welfare aziendale molto avanzato, questo spiega la forte fidelizzazione dei lavoratori, nonostante la vicinanza con il confine svizzero che attrae moltissimi lavoratori italiani. Tra i servizi offerti c’è anche un micronido aziendale aperto sia ai figli di chi lavora in Spm che agli esterni. Ebbene, questa struttura, che quest’anno ha ospitato diciannove bambini da zero a tre anni, rischia di chiudere a breve. «Secondo i parametri dell’Ats – ha detto l’imprenditore – sono richiesti 7,5 metri quadri a bambino. Poiché mancano alla superficie totale dell’edificio che li ospita qualche centimetro quadrato a bambino, non possiamo ospitare il numero di bambini previsto, che è il numero minimo necessario per consentire di gestire i conti».

Un momento della festa a Ville Ponti di Varese

CONFINDUSTRIA VARESE INTERVERRÀ

La burocrazia ha dunque deciso che con tutta l’acqua butterà via anche il bambino. Una cosa frustrante, a maggior ragione in un Paese dove la denatalità e il calo demografico sono il vero problema da affrontare. «È assurdo sentire queste cose – ha commentato a caldo Roberto Grassi, presidente di Confindustria Varese – come associazione daremo sicuramente una mano per trovare una soluzione al caso. L’attaccamento a tutto il territorio di questa azienda è un dato di fatto, così come l’impegno a creare valore con l’istituzione del nuovo percorso scolastico nel Luinese con la scuola di meccatronica. La Spm è un esempio di azienda di valore».

LA TERZA GENERAZIONE STA GIÀ COSTRUENDO

La stirpe Berutti sembra però molto solida. I due figli di Giovanni, Beatrice e Stefano, rispettivamente laureati in economia e in ingegneria gestionale, hanno deciso di entrare in azienda dopo aver fatto esperienza pe quasi dieci anni fuori dalla fabbrica di famiglia. «Non era per niente scontato – ha concluso il padre dei due giovani imprenditori – ma hanno fatto un buon colloquio e si sono convinti che l’azienda poteva fare per loro. Hanno scelto di fare gli imprenditori. Una scelta non certo facile e tantomeno comoda che di sicuro riserverà loro tanti mal di pancia ma anche tante soddisfazioni, come le ha riservate a me».

 

fonte: Varesenews